PRIMO PASSO: la disidentificazione

PRIMO PASSO: la disidentificazione

Tutti nella vita abbiamo affermato: “non ci posso fare niente, io sono fatto così, questo è il mio carattere!”, oppure: “le persone non cambiano!”. Queste frasi sono il frutto di una radicata identificazione con un’immagine di noi che spesso definiamo, appunto, carattere. Il corredo delle caratteristiche di serie alla nascita (il carattere) è innegabile, ma quando diciamo che siamo fatti in un certo modo, stiamo parlando di come è fatta una parte di noi, non di tutto il nostro essere.

Siamo animati da tante parti, tante personalità messe insieme in un solo individuo, come un teatro interiore in cui gli attori, con caratteristiche precise e ognuno con il proprio vissuto, fanno parte di una compagnia che non ha ancora un regista stabile a cui affidarsi. Ogni singolo attore vede e vive la scena in modo singolare, il gentiluomo sarà elegante e generoso, il soldato sarà risoluto, la donna di casa sarà attiva e accogliente. In assenza del regista che dà voce e valorizza tutti gli attori, accade che un personaggio forte prenda la scena e conduca lo spettacolo dal suo unico punto di vista.

PRIMO PASSO: la disidentificazione

Tutti nella vita abbiamo affermato: “non ci posso fare niente, io sono fatto così, questo è il mio carattere!”, oppure: “le persone non cambiano!”. Queste frasi sono il frutto di una radicata identificazione con un’immagine di noi che spesso definiamo, appunto, carattere. Il corredo delle caratteristiche di serie alla nascita (il carattere) è innegabile, ma quando diciamo che siamo fatti in un certo modo, stiamo parlando di come è fatta una parte di noi, non di tutto il nostro essere.

Siamo animati da tante parti, tante personalità messe insieme in un solo individuo, come un teatro interiore in cui gli attori, con caratteristiche precise e ognuno con il proprio vissuto, fanno parte di una compagnia che non ha ancora un regista stabile a cui affidarsi. Ogni singolo attore vede e vive la scena in modo singolare, il gentiluomo sarà elegante e generoso, il soldato sarà risoluto, la donna di casa sarà attiva e accogliente. In assenza del regista che dà voce e valorizza tutti gli attori, accade che un personaggio forte prenda la scena e conduca lo spettacolo dal suo unico punto di vista.

Nella vita reale succede proprio così. Ben presto, a partire dalla nostra infanzia, una parte di noi prende la scena e conduce i nostri comportamenti a suo modo, unicamente allo scopo di proteggerci, attraverso la sua unica visione della vita. A partire da questo scenario si imprimono le caratteristiche salienti del nostro profilo comportamentale. Se ognuno di noi dovesse definirsi, quindi, direbbe di considerarsi una persona gentile, oppure perfezionista, oppure elastica. Abbiamo ragione, ma stiamo parlando di un personaggio di noi stessi con cui, per molta parte della giornata, siamo identificati.

Nella vita reale succede proprio così. Ben presto, a partire dalla nostra infanzia, una parte di noi prende la scena e conduce i nostri comportamenti a suo modo, unicamente allo scopo di proteggerci, attraverso la sua unica visione della vita.

A partire da questo scenario si imprimono le caratteristiche salienti del nostro profilo comportamentale. Se ognuno di noi dovesse definirsi, quindi, direbbe di considerarsi una persona gentile, oppure perfezionista, oppure elastica. Abbiamo ragione, ma stiamo parlando di un personaggio di noi stessi con cui, per molta parte della giornata, siamo identificati.

Essere identificato, significa vivere e vedere il mondo da quell’unica prospettiva.

Per esempio, il perfezionista, se vede qualcosa che considera fuori posto, si sente scomodo e, siccome non corrisponde al suo modo di vedere, potrebbe anche giudicare quel presunto disordine.

La disidentificazione

invece è quel processo che ci permette di svincolarci progressivamente dall’esclusiva di un attore predominante e di prendere coscienza fisica dell’esistenza della compagnia teatrale interiore, dove tutti i personaggi hanno un valore unico e irrinunciabile per la nostra evoluzione come esseri umani. Disidentificandoci dal perfezionista, per esempio, realizzeremo che in noi esiste anche il disordinato che nelle situazioni “fuori posto” riesce addirittura a vederci una logica.

Questa nuova prospettiva riduce drasticamente la propensione al giudizio. Se sono un perfezionista e sento, nello stesso tempo, di avere in dote anche una parte disordinata, smetterò di giudicare le persone che vivono nel caos, perché così facendo giudicherei me stesso.

Il grande valore della disidentificazione è triplice:

Espandere la coscienza alle risorse illimitate del nostro essere

Sviluppare la consapevolezza per diventare regista stabile di se stesso

Abbattere visibilmente la propensione al giudizio

La disidentificazione non può che essere il primo passo del lavoro su di sé.

Per iniziare, tre suggerimenti:

Accorgiti di quante volte nella giornata scivoli nel giudizio, rimarrai sorpreso/a dal numero

Quando giudichi, prova a porti questa domanda: “quale parte/personaggio di me non sto integrando nella vita?”

Quando giudichi, afferma: “non sono io a giudicare, è una parte di me!”

Non per giustificarti ma per avviare il processo di disidentificazione che ti porterà a riconoscere tutte le sub personalità che ancora non hanno avuto spazio nella tua vita.

Provate e fatemi sapere, non esitate a commentare manifestando i vostri dubbi, impressioni e riflessioni di ogni tipo riguardanti questo argomento. Sarò lieto di entrare nel vivo rispondendo ad ogni commento.

Senza giudizio,

Francesco Sclano

Osteopatia e Attivazione Corporea Percorsi Individuali e di Gruppo

 

Essere identificato, significa vivere e vedere il mondo da quell’unica prospettiva.

Per esempio, il perfezionista, se vede qualcosa che considera fuori posto, si sente scomodo e, siccome non corrisponde al suo modo di vedere, potrebbe anche giudicare quel presunto disordine.

La disidentificazione

invece è quel processo che ci permette di svincolarci progressivamente dall’esclusiva di un attore predominante e di prendere coscienza fisica dell’esistenza della compagnia teatrale interiore, dove tutti i personaggi hanno un valore unico e irrinunciabile per la nostra evoluzione come esseri umani. Disidentificandoci dal perfezionista, per esempio, realizzeremo che in noi esiste anche il disordinato che nelle situazioni “fuori posto” riesce addirittura a vederci una logica.

Questa nuova prospettiva riduce drasticamente la propensione al giudizio. Se sono un perfezionista e sento, nello stesso tempo, di avere in dote anche una parte disordinata, smetterò di giudicare le persone che vivono nel caos, perché così facendo giudicherei me stesso.

Il grande valore della disidentificazione è triplice:

Espandere la coscienza alle risorse illimitate del nostro essere

Sviluppare la consapevolezza per diventare regista stabile di se stesso

Abbattere visibilmente la propensione al giudizio

La disidentificazione non può che essere il primo passo del lavoro su di sé.

Per iniziare, tre suggerimenti:

Accorgiti di quante volte nella giornata scivoli nel giudizio, rimarrai sorpreso/a dal numero

Quando giudichi, prova a porti questa domanda: “quale parte/personaggio di me non sto integrando nella vita?”

Quando giudichi, afferma: “non sono io a giudicare, è una parte di me!”

Non per giustificarti ma per avviare il processo di disidentificazione che ti porterà a riconoscere tutte le sub personalità che ancora non hanno avuto spazio nella tua vita.

Provate e fatemi sapere, non esitate a commentare manifestando i vostri dubbi, impressioni e riflessioni di ogni tipo riguardanti questo argomento. Sarò lieto di entrare nel vivo rispondendo ad ogni commento.

Senza giudizio,

Francesco Sclano

Osteopatia e Attivazione Corporea Percorsi Individuali e di Gruppo